Mio zio ieri mi ha segnalato questa canzone del buon vecchio Robert Zimmerman. Non la ricordavo. O meglio, non mi ricordavo l'efficacia delle sue parole e la loro attualità. Quasi da mettere i brividi.
I tempi stanno davvero cambiando, no? Inevitabilmente, in qualche modo. Non ha a che vedere col fatto che uno sia destro, mancino, ambimano o politicamente astemio. Nè se è pendolare o stanziale, precario o a tempo indeterminato. E non c'entra nemmeno con la situazione politica del nostro paese, no: qualcosa sta cambiando semplicemente perché deve cambiare, o collasserà tutto, inevitabilmente.
Perché scrivo queste cose seriose in un blog pirla-depresso (a seconda dei giorni)?
Forse perché quello che accade ci tocca tutti, inevitabilmente. The times, they are a-changin. E quelli che si aggrappano al passato, verranno travolti.
Travolti da chi non ci sta più a non avere un futuro.
È una cosa che sento molto, questa. Forse, assieme alla stanchezza, uno dei motivi per cui non posto da un mese. Perché diciamocelo: non avere speranze, per quanti sforzi tu faccia, è quello che davvero ti succhia le energie.
Ci sono delle manovre correttive per il lavoro, nella legge di stabilità. Alcuni di noi, forse, avranno una piccola speranza. Ma senza crescita non c'è futuro.
Ai tempi di mia nonna alle famiglie indigenti i comuni davano l'isula, un pezzettino di terra vicino al fiume Po. Il quale usciva una pioggia sì e l'altra anche, ma con un po' di fatica qualche patata e pomodoro c'era. Era sempre meglio di qualche patata e pomodoro in meno.
Questo per dire che per tirare avanti bisogna venirsi incontro e tirarsi su le maniche a vicenda.
E spero che accada. Spero davvero che accada.
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